Rischio reputazionale: uno spauracchio sottovalutato dalle Organizzazioni?
Giunge come un terremoto in azienda, investe come uno tsunami i processi aziendali fino a minarne la business continuity.
Di cosa stiamo parlando? Della Cronaca di una Morte “aziendale” Annunciata, determinata dal crollo reputazionale. Andiamo ad analizzare nel dettaglio questo rischio troppo spesso sottovalutato dalle Organizzazioni.
In un’era digitale come la nostra, in cui le informazioni si diffondono speditamente attraverso vari canali, il rischio reputazionale può avere un impatto catastrofico sul valore di mercato di un’azienda, influenzando: rapporti commerciali, rapporti finanziari etc., compromettendone la competitività. Di esempi recenti, beh, ne conosciamo tanti!
Gestire una crisi reputazionale, richiede una risposta tempestiva e strategica da parte della Governance di qualsiasi Organizzazione. Una valutazione di questo rischio, senza voler essere esaustivi, dovrebbe quantomeno considerare i seguenti aspetti.
Analisi preventiva dei rischi:
Sviluppare, in primis, un’approfondita analisi dei rischi reputazionali a tutti i livelli (interni ed esterni) dell’Organizzazione, valutando al contempo il grado d’impatto dei potenziali eventi negativi.
Pianificazione della crisi:
Occorre creare un “piano di gestione” delle Crisi Reputazionali, identificando potenziali scenari di crisi (in relazione all’analisi di cui sopra) e le relative strategie di risposta. La gestione di una crisi dovrebbe prevedere una concreta assunzione di responsabilità, garantendo una comunicazione trasparente rispetto a eventuali errori o cattive decisioni, in modo da governarla, anziché, subirla.
Piano di formazione:
Elaborare progetti formativi su tali tematiche coinvolgendo tutti i livelli aziendali, in relazione ai ruoli e alle responsabilità di gestione e protezione.
Coinvolgimento dei portavoce:
È consigliabile designare dei portavoce aziendali preparati e autorizzati per comunicare con i media e il pubblico di riferimento.
Aggiornamento costante:
La Direzione ha il compito di valutare ciò che è stato fatto correttamente e cosa, invece, può essere migliorato. Infine, essa è chiamata ad aggiornare continuamente il “piano di gestione delle crisi” in base all’esperienza acquisita o ai nuovi rischi emersi.
Tuttavia, rispetto a quanto sopra, alcune Organizzazioni sembrano snobbare il rischio reputazionale non adottando Strategie di Crisis Management. Eppure, in un’analisi condotta da Centro Studi ReputationUP, già nel 2020, ben il 65% dei CEO di grandi aziende affermavano di essere incappati in una Crisi Reputazionale negli ultimi tre anni.
Il fenomeno appare estremamente trascurato soprattutto nel Belpaese. L’Italia è, purtroppo, un Paese “a bassa sensibilità” nella prevenzione dei rischi, specie di quelli reputazionali. Ossia, si tendono ad adottare accorgimenti solo a crisi conclamata e in corso, fuori tempo massimo per essere realmente incisivi e governare gli eventi avversi per il brand. Ad avvalorare questa tesi è il Professor Luca Poma, Professore in Reputation Management presso Università LUMSA di Roma, nonché uno dei massimi esperti italiani in tale ambito di studi.
Spostiamo ora il focus sul cuore pulsante che alimenta il tessuto produttivo italiano: le aziende di medie e piccole dimensioni. Infatti, uno degli aspetti salienti che vogliamo comunicare riguarda la gestione e la valutazione del rischio reputazionale da parte delle stesse. Anche per le PMI il rischio finanziario, quindi la minaccia di una perdita della competitività sul mercato, esiste ed è strettamente correlata ad un tracollo della reputation.
L’effetto “a cascata” generato dal crollo della reputazione si ripercuote, oltre che sul lato economico dell’Organizzazione, anche su altri ambiti quali ad esempio la fidelizzazione dei clienti. Gli stessi, durante il propagarsi della crisi tenderanno a giudicare negativamente i prodotti offerti sul mercato da quella determinata impresa. Un ulteriore spauracchio per l’azienda nel corso di una Crisi è l’accesso ai finanziamenti. Banche ad altri istituti creditizi potrebbero essere più restie a concedere liquidità ad imprese che, pur avendo un rating bancario allineato a determinati parametri, presentano una reputazione negativa, la quale non fa altro che alimentare lo scetticismo circa il meccanismo di rientro della liquidità concessa. La criticità legata al flusso di cassa appare ancor più amplificata per le PMI alla mercè di una reputazione non ottimale, che non disponendo di sufficienti capitali per far fronte a tale circostanza, rispetto a Grandi Aziende, rischiano di accelerare la crisi reputazionale in corso.
La giusta strada da percorrere è quella segnata da un Sistema di Gestione, organizzato come un “contenitore” di strategie aziendali virtuose che permettono, fra gli altri, una valutazione congrua dei rischi all’interno dell’Organizzazione.
A prescindere dal rischio reputazionale, in generale, il rischio di scarsa competitività aziendale si manifesta ogni qualvolta il management non sia in grado di cogliere l’importanza di dotarsi di un’efficace ed efficiente Sistema di gestione per la Sostenibilità, organizzato sui requisiti della Norma SRG 88088, capace di governare al meglio, con mezzi e risorse adeguate, le dinamiche connesse alla Sostenibilità e alla continuità operativa.
Secondo il nostro credo, la Sostenibilità ESG costituisce la spina dorsale della resilienza aziendale e della capacità di creare valore nel tempo. Le policy d’impresa orientate ad un percorso verso una Vera Sostenibilità, tracciato dai target dell’Agenda 2030 ONU, sono in grado di rappresentare uno scudo contro fenomeni avversi improvvisi, tutelando la brand identity aziendale.
È innegabile come il brand rappresenti, oggi, uno degli elementi intangibili più importante che, in circostanze di Crisi, mette a repentaglio anche il valore di altri asset intangibili, quali: risorse umane, capitale intellettuale, relazioni con gli stakeholder.
In conclusione, alla luce di quanto analizzato, non governare il rischio reputazionale,
come dimostrano recenti casi tanto chiacchierati, facilita la vertiginosa caduta della reputazione di un marchio. Reputation costruita nel tempo che, improvvisamente, da valore aggiunto diventa, invece, dannosa per la business continuity, convogliando l’organizzazione verso le onde del mare magnum della Sostenibilità di sola facciata.